• Harvey Weinstein e la storia del cinema

    In questi giorni continua a far scalpore il caso Harvey Weinstein. Molte dive di Hollywood hanno accusato il noto e potente produttore cinematografico di molestie sessuali, stupri, etc etc. In Italia ne ha parlato anche Asia Argento con tutta la serie di polemiche e le critiche che – solitamente – accompagnano questi casi. 
    Io vorrei dire la mia come donna che ha fatto varie ricerche sul cinema muto italiano – 100 anni fa, per dire che il patriarcato è duro a morire e si rinnova di generazione in generazione.
    Voglio condividere due passaggi di altrettanti libri che sono tra i più citati (anche da donne) quando si parla di donne e cinema muto italiano. 
    Citati per varie ragioni: ci sono poche fonti, si preferisce citare usando aggettivi qualificanti per qualificare il proprio lavoro etc etc io li ho usati criticamente in vari saggi che ho presentato ad altrettanti convegni perché credo che l’ambiente e l’atmosfera in cui le donne vivono agisce su di loro (cit. Virginia Woolf )
    Per molti intellettuali del tempo c’è uno stretto legame tra donna che lavora, diva e prostituzione che oggi rimane anche in molte delle persone che stanno commentando questi fatti.
    Ottorino Modugno Le donne mute “due sono le strade dalle quali le donne mute sono giunte al cinematografo: dal teatro e dal nulla… Queste ultime si sono create nel loro cervellino questo quesito: per fare del… cinematografo occorre essere mute poi belle e poi sapere voluttuosamente eseguire tutte quelle svenevolezze che sono parte integrante della civetteria femminile”.

     Francesca Bertini                         Diana Karenne

                                                                   Lyda Borelli

    Tito Alacci Le nostre attrici cinematografiche “per l’interprete di sesso femminile il requisito capitale è la bellezza: requisiti necessari, ma non capitali, sono la variabilità, l’adattabilità, la naturalezza, la diluibilità psichica e l’eleganza. Il vantaggio è sempre delle più giovani perché col procedere dell’età si perde la spontaneità. Delle attrici perfette si potranno trovare tra le donne al di sotto dei trent’anni, difficilmente al di sopra. È tutto il contrario di ciò che si verifica nelle altre forme d’arte: perché dovunque si richiedono studi, pratica, esercizio e perseveranza, e ciò per procurarsi una personalità propria: mentre in cinematografia la personalità deve eclissarsi quanto più possibile, per dar posto solamente alla figura.”

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  • Ciò che è nostro per destinazione (o del non perdere tempo inutilmente)

    Gli ultimi giorni parigini li ho passati a letto, tra influenza e ciclo mestruale. Una bella depurazione. 

    Evitato ogni contatto con l’esterno, tranne per i commenti letti e fatti su Facebook. 
    E ho pensato. Molto. 
    E devo ringraziare, come sempre alcune mie amiche. 
    Una scrive: “Seguo talmente tante cose, lavori, progetti, che mi scoppia la testaaaaaahhhh”
    Un’altra impiega il suo tempo in varie associazioni e progetti tutti interessantissimi e socialmente utili. E la preparazione di un esame universitario viene fatta ritagliandosi del tempo tra un’attività e l’altra. 
    E ieri esce il call for paper per un convegno che mi interessa molto e che si terrà a settembre 2015 negli Stati Uniti. Inutile dire che aspettavo di sapere solo la deadline per scrivere l’abstract e incrociare le dita. Invece ci sono rimasta malissimo perché sul tema del convegno “Women, Labor, and Working-Class Cultures” non so proprio niente. O meglio di questo tema intersecato con il cinema muto italiano non so proprio niente. E così sono partite diecimila connessioni mentali al secondo per capire cosa poter proporre anche in base al tempo a disposizione, al fare una ricerca degna di chiamarsi tale e alle varie sottocategorie proposte. 
    Poi a metà serata l’illuminazione. L’anno scorso grazie allo stesso convegno ero stata in Australia e avevo trovato il mio scopo, il tema della ricerca mio per destinazione come scriveva Simone Weil, e so bene che tipo di energia mi aveva accompagnato. Quindi la conclusione è che presenterò un abstract su un progetto intorno al quale voglio davvero lavorare perché non ha senso imbarcarsi in operazioni di facciata. Il nostro lavoro ha valore anche per ciò che muoviamo con esso. E la qualità del nostro lavoro dipende anche dall’energia che ci mettiamo dentro.  
    Basta seguire progetti inutili per me, basta seguire persone che non mi danno buona energia solo perché questa è l’era della comunicazione e non possiamo non sapere. In tutta questa rin-corsa alle notizie rischiamo di perderci e comunque di perdere buona parte delle nostre energie che invece devono essere messe in ciò in cui crediamo davvero. E se per questo non verrò scelta, pazienza, rimanere fedeli a se stesse è la più grande partecipazione che posso mettere in atto.    
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