• IspirAzioni di Lettura

    I giorni che segnano la fine di un anno e l’inizio del successivo si accompagnano sempre a grandi propositi. Io non sono da meno e vorrei farmi una lista dei libri da leggere assolutissimamente nel 2017. Quei libri che ti cambiano la vita o la prospettiva che sulla vita abbiamo. 

    Ne avete qualcuno da consigliarmi? 
    Io – a mia volta – vi voglio consigliare Andare Altrove di Cristina Balma Tivola un libro di vita e viaggi meravigliosissimo. E dopo la lettura – tutta d’un fiato o quasi – ho scritto queste frasi per onorare queste pagine e la sua autrice. 
    Andare altrove non è un semplice libro di racconti di viaggio tra l’Italia, il sud della Francia e la penisola iberica. È molto di più. 
    È un Atto di Coraggio. Atto di Coraggio perché Cristina Balma Tivola in queste pagine scrive di cose nascoste, dei suoi sentimenti, della sua visione del mondo e dei rapporti umani e apre/segue un percorso originale quello di mescolare la sua visione di antropologa a quella di donna in viaggio da sola, alla ricerca di nuove Ispirazioni, Contaminazioni e Incanti. I suoi viaggi e gli incontri lungo il percorso sono tutti guidati dal Desiderio, dalla Brama di Vivere e Creare Qui e Ora. Non solo. Il Coraggio di cui il libro è permeato diventa Magnetico perché ogni Vero Atto di Coraggio irradia un’Attrazione che è Rilevante e Contagiosa, Reciproca e Stimolante, Piena di Spirito e Ispirante. 
    In Andare Altrove sono disseminate – a volte nascoste a volte esplicitate – moltissime opportunità originali di vita. Cristina Balma Tivola e i suoi compagni di percorso – che siano amicizie di lunga data o «incontri casuali» – ci offrono una Re-Visione del tempo e ci spingono a oltrepassare quei vecchi retaggi di sistemi gerarchici – diffidenza, vecchie divisioni di razza, classe e nazionalità – che ancora troppo spesso riemergono negli stereotipi attraverso cui guardiamo lo Sconosciuto, il Diverso, l’Altro. I racconti che compongono Andare Altrove ci spingono a Osare e ci forniscono illimitata energia per i nostri Grandi Balzi, ricordandoci che in ogni momento siamo libere e liberi di agire con Coraggio e che i nostri atti di Coraggio – a loro volta – sono Rilevanti, Contagiosi e Ispiranti.
    Avete da consigliarmi dei libri in cui il Coraggio sia altrettanto Contagioso e Ispirante?
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  • Date importanti (o del Coraggio Oltraggioso di Rosa Parks)

    So che la maggior parte delle persone è concentrata sul 4 dicembre e sul referendum sulla Costituzione. A me però oggi interessa parlare di un altro fatto, molto importante, che è importante ogni anno ricordare e onorare. 


    Il 1 dicembre 1955, la sarta e attivista per i diritti degli afroamericani Rosa Parks decide di non cedere il posto in cui si era seduta – su un autobus che la riportava verso casa dopo una lunga giornata di lavoro – a un “bianco” come la legge dell’Alabama prescriveva.  


    Il suo atto di Coraggio Oltraggioso fu di ispirazione per il boicottaggio degli autobus e fu uno snodo importate al processo di rivendicazione dei diritti da parte degli afroamericani. 



    Ciò su cui voglio porre attenzione è il dialogo tra Rosa Parks e il poliziotto che l’arrestò. Al poliziotto Rosa chiese “perché mi stai arrestando? Io sono salita sul bus per tornare a casa, non per essere arrestata” e lui risposte “non lo so, ma la legge è la legge e tu sei in arresto”. 



    Ai miei occhi e al mio cuore chi si rende complice di una legge ingiusta è molto più colpevole di chi la infrange.  





    Oggi ripensando all’episodio di Rosa Parks la maggior parte delle persone potrebbe dire che non è più possibile che ci siano leggi così escludenti, che i diritti sono garantiti, eppure quante sono le leggi (in)giuste di cui siamo complici? Quanto ci ribelliamo alle leggi ingiuste? Come lo facciamo? Siamo in grado di riconoscere le ingiustizie di cui siamo vittime o sono vittime altre persone? Io me lo chiedo. 


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  • XI Non attendere. Se vuoi fare una cosa, falla e basta

    Oggi primo giorno parigino. Sveglia non troppo presto e colazione. Il tempo non è dei migliori, ma poi si rasserena. Ci sono i miei genitori per questi primi giorni, quindi un po’ di ore le voglio trascorrere a fare la turista con loro.
    Avevo detto “quando sarò a Parigi mi dedicherò solo alla ricerca” e già contravvengo a questa dichiarazione. Tuttavia mentre la mamma prepara il pranzo decido di guardare i corsi dell’EHESS e di scrivere qualche mail per capire se i prof mi accolgono nei loro corsi, hanno indicazioni bibliografiche e qualche notizia in più rispetto alle schede presenti in internet.

    Poi esco e iniziano i giri per Place de la Concorde, il Louvre, Place Vendome etc etc.
    Solo a casa ho il wifi quindi mi rilasso all’idea che difficilmente ci saranno sms in arrivo, aggiornamenti di stato di facebook o messaggi di whatsapp a distrarmi dal mio presente.

    Quando torno a casa tra le varie mail leggo quella della prof. del seminario di Storia sociale dei femminismi tra XIX e XX secolo che oltre a darmi notizie sulle sue lezioni mi chiede se posso fare una lezione sul femminismo italiano. A parte rimanere perplessa su cosa dire – io che proprio da quello torinese me ne sono voluta andare via in questa trasferta parigina – sono rimasta colpita da questa richiesta!

    E allora mi viene da scrivere che veramente l’universo sostiene ciò che noi desideriamo! ma sostenendolo ci chiede di fare un primo passo, osare, tentare di realizzare i nostri sogni!
    Troppo spesso ci fermiamo davanti alla paura del fallimento, della derisione, della sconfitta. E invece proviamo a pensare che tutto sia semplice, che ce la possiamo fare, che il nostro desiderio è già realtà, l’ottimismo ci aiuterà a realizzare i nostri sogni meglio e più velocemente!

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  • un’iniezione di autostima

    Oggi ho avuto una profonda illuminazione e consapevolezza su di me e sul mio lavoro e voglio condividerla prima che sia sommersa da altri pensieri e da altre parole.
    In questo periodo sto portando avanti una ricerca che cerca di mediare tra archivi audiovisivi tout court, archivi di enti e associazioni che non sanno da che parte girarsi per il trattamento degli audiovisivi e percorsi di genere che pare siano portati avanti solo dalle femministe o aspiranti tali (lasciamo perdere la polemica #ho bisogno del femminismo perché, #non ho bisogno del femminismo perché).
    Da brava ricercatrice e anche perché tra poco tutte le biblioteche e gli archivi chiudono per ferie e io sono maledettamente in ritardo, ho passato tutta la giornata (piovosa) a consultare libri che parlano di archivi audiovisivi.

    Scopro di certo l’acqua calda se affermo che ogni libro ha un corredo bibliografico che apre ad altre diecimila possibili vie e che ogni ricerca è potenzialmente infinita.

    Infatti non voglio scrivere questo, ma capovolgere o almeno tentare di capovolgere la paura con cui di solito si scrivono libri e la conseguente ricerca dell’argomento limitato e specialistico su cui nessuno ha scritto mai (pena tuttavia la paura dell’esclusione dal circolo degli intellettuali) o semplicemente specialistico in modo da limitare i danni perché tanto nessuno ne sa (e qui corre un piccolo accenno a Umberto Eco e al suo libro su come si scrive una tesi di laurea).

    Ciò che voglio dire è questo: non cercate il vostro orticello, quello che potete coltivare solo voi, quello su cui avete diritto di prelazione perché ci siete arrivati prima degli altri. Qui non si tratta di corsa all’oro, ma l’oro sta nella corsa ovvero nel correre in modo diverso, cercare nuove prospettive per guardare situazioni vecchie, abbattere stereotipi e vecchi modi di pensare che il tempo ha trasformato in mostri sacri. Non si tratta di leggere più libri possibili, riempire il vostro testo di citazioni per far sapere che ne sapete o per prendere un voto come durante gli esami, giacché qui non si è ancora dall’altra parte della cattedra. Forse la cattedra c’è solo se la immaginiamo noi e la facciamo vivere metaforicamente accanto alle nostre ricerche.
    Siamo liberi di dire ciò che pensiamo, di creare nuovi percorsi, di osare il non ancora detto, il non ancora ascoltato, che prima di tutto è nostro, ci appartiene e lo doniamo al mondo.

    Siamo in debito con il mondo, vivendo dobbiamo fare la nostra parte, far agire il nostro io e lo possiamo fare anche dandoci l’autorevolezza di esprimere il nostro pensiero senza paura! Non sto esortando a dire qualunque cosa passi per la testa, ma a riflettere con la nostra testa e a non pensare di non essere mai in grado di poter dire qualcosa fino a quando non si sarà assimilato tutto dato che la quantità di pensiero scritto e parlato che circola non è possibile sia tutto letto e compreso! Altrimenti ci condanniamo al silenzio e priviamo il mondo del nostro pensiero e noi stessi della consapevolezza di averne uno!!!

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  • Spazio Poesia

    In questi giorni torna molto nei miei discorsi la parola coraggio e delle sue varianti.
    Ho trovato due poesie da condividere con voi intorno a questo tema

    È tempo che tu venga e mi prenda

    Ancora ho paura di legarti con il filo del mio respiro,
    di vestirti con le azzurre bandiere del sogno,
    di accendere fiaccole alle porte di nebbia
    del mio oscuro castello, perché tu possa trovarmi…
    Ancora ho paura di scioglierti dai giorni luccicanti,
    dalla caduta dorata del fiume solare del tempo,
    quando sul volto terribile della luna
    schiuma, d’argento, il mio cuore.
    Alza gli occhi e non guardarmi!
    Calano le bandiere, consumate sotto le fiaccole
    e la luna descrive la sua orbita
    È tempo che tu venga e mi prenda, sacra follia!

    Ingeborg Bachmann

    Il mio cuore non fa che nascondersi
    dietro il mio spirito per pudore:
    io parto per strappare una stella al cielo e poi,
    per paura del ridicolo,
    mi chino a raccogliere un fiore.

    Edmond Rostand – Cyrano de Bergerac

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  • La bellezza (piccolo omaggio a Cristina Campo)

    In questi giorni sto pensando molto ad atti di coraggio.
    Miei atti di coraggio.
    Atti di coraggio degli altri.
    Atti di coraggio delle altre.
    Atti di coraggio d’amore.
    Atti di coraggio nelle relazioni.
    Atti di coraggio di sovvertire l’ordine costituito.

    Mi sono tornate alla mente questi versi di William carlos Williams tradotti da Cristina Campo

    “Ma è vero,
    essi la temono,
    più della morte:
    si teme la bellezza, 
    più di quanto non si teme la morte.
    E hanno ragione, 
    perché accettare la bellezza 
    è accettare una morte, 
    una fine del vecchio uomo,
    una difficile nuova vita.” 
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  • Seghe mentali

    Un paio di anni fa sono stata ad un convegno di filosofia. E’ stata per me l’occasione di fare esperimenti sociologici su di loro. D’altronde chi è ricercatrice, ricerca sempre. Ovunque. Non è un lavoro, è un’occupazione. Mi ricordo che ad un pranzo ho chiesto a un ragazzo che avrà avuto venticinque anni perché facesse ricerca su un filosofo misconosciuto del Quattrocento. E lui mi ha risposto: “mi piace”. E io: “bene e poi?”.

    Il piacere è un aspetto fondamentale del fare ricerca ma ci deve essere anche un legame con il presente. Altrimenti la ricerca rimane un esercizio intellettuale sterile. In quel contesto ho compreso il concetto di sega mentale. Che senso ha arrovellarsi il cervello su delle figure, su delle parole, su dei fatti se non hanno attinenza col presente? Che senso ha fare ricerca se non c’è un’applicazione all’oggi, alla nostra vita, al miglioramento delle nostre relazioni?

    Questo episodio mi è tornato alla mente durante la lettura di Mary Daly e del suo Quintessenza. A un certo punto Mary fa un attacco al postmodernismo richiamando Virginia Woolf e il problema dello “spreco di tempo / spreco di energia”. I testi postmodernitsti sono frequentemente caratterizzati da un’inscrutabilità criptica che richiede un impiego di tempo e di energia non giustificabile in termini femministi. La seducente eleganza di stile e di riflessioni è dis-orientante e attira le femministe in una casa degli specchi senza vie d’uscita, in un drenaggio dell’intelligenza e nel tradimento della loro causa.

    Molto più semplicemente le donne biologicamente non posso farsi prendere dalle seghe mentali, per quanto seducenti sono. Se le donne perdono il contatto con la realtà e partono in elucubrazioni mentali assumono la postura patriarcale. Succede sempre. Stamattina per esempio ho seguito i vari commenti su facebook relativi all’elezione del Presidente della Repubblica. A un certo punto mi sono detta: ma non c’erano delle candidate? Perché le mie amiche si stanno schierando per Marini o per Rodotà? Che senso ha? Sia ben chiaro, ma questo lo sapete già, a me non serve una Presidente che si comporti come la maggior parte degli uomini che l’hanno preceduta, a me serve qualcuna che abbia voglia di dare un colpo alla struttura. Nei giorni scorsi sono stati fatti nomi di donne e ora? Si risolve ancora tutto in accordi più o meno palesi tra partiti che escludono la presenza femminile. E le donne? Tutte quelle donne impegnate in politica, tutte quelle donne attive nei partiti, nei movimenti, che fanno? Si allineano? Ci sono solo due possibilità di scelta? C’è solo un pro e un contro che poi alla fine è sempre un contro noi donne?

    L’attivismo femminista lavora per purificare le donne dal Coraggio di Vedere Nominare e Agire. Partiamo da qui.

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  • Resistenza [il coraggio una se lo può dare]

     

    Nei giorni attorno all’8 marzo c’è un’enorme quantità di eventi sulle donne – quest’anno purtroppo si tende a parlare troppo [e male] di donna come vittima. Ho timore che si arriverà a pensare che se non muori allora non è violenza.  
    Come ricercatrice che si occupa della storia delle donne oggi è toccato anche a me intervenire in un convegno. Ho deciso di condividere con voi la citazione finale, tratta da un articolo di Angiola Massucco Costa del 1960 “Il coraggio, uno se lo può dare”. 
    In questo articolo la Resistenza
    viene vista come
    fatto costante della storia
    ,
    finché non si arrivi a un assetto giusto dei rapporti, dell’uso
    delle ricchezze e delle forze naturali, delle possibilità di fruire
    dei beni culturali. La resistenza si trova nell’opposizione alle
    ingiustizie operando per la libertà e il benessere di ogni persona.
    Massucco Costa scrive “i grandi fatti storici devono mutare nella
    coscienza nelle attitudini di pensiero e di azione prima di esplodere
    più o meno violente nei moti popolari. La storia è sempre in
    movimento e i cuori e le menti con essa. Nessuno ha il diritto di
    tenersi in disparte e dire: lasciamo fare a chi spetta. Spetta
    proprio a noi fare, e fare anche noi stessi, darci coraggio, ardore,
    pazienza, costanza.
    Ma
    a fare cosa?
    E
    come?
    Bisogna
    cominciare col guardarsi attorno e domandarsi: va tutto bene?
    Siamo
    rispettosi della personalità altrui e della nostra?
    Siamo
    impegnati in un lavoro produttivo e siamo disposti a lottare perché
    esso ci sia dato se non ne disponiamo?
    Ci
    interessiamo della cosa pubblica, siamo veramente cittadini di una
    repubblica fondata sul lavoro?
    Siamo
    disposti a lottare contro la disoccupazione, le discriminazioni
    religiose, razziali, di sesso?
    Siamo
    informati delle vie da seguire quando vogliamo elevare una protesta
    pubblica o presentare suggerimenti per modificare le leggi?
    Ci
    muoviamo in qualche modo per opporci alle ingiustizie sociali?
    Controlliamo
    che le libertà sociali, civili, politiche siano rispettate?”
    Come avrete capito questo è anche un commento ai commenti dei risultati elettorali. Iniziamo da noi, sempre. Non deleghiamo mai la nostra felicità. 
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  • R(E)sistenza

    A volte alcuni post richiedono esigono da noi di essere scritti… questo è un post dedicato a tutte le donne che hanno partecipato alla Resistenza e che ancora oggi riescono a darci lezioni di umiltà e di dignità con semplici parole e gesti.

    Sabato mattina ho partecipato ad un incontro organizzato per celebrare le donne del Partigianato piemontese. L’intenzione delle organizzatrici era tracciare una sorta di genealogia femminile con alcune esponenti di un partito politico e con le giovani attiviste. Velocemente ricordo che il ruolo delle donne nella Resistenza per molti decenni è rimasto misconosciuto, dimenticato, confinato in pochi nomi di donne famose perché hanno intrapreso carriere politiche o sono diventate personagge di primo piano.

    Di solito quando partecipo ad un convegno mi piace prendere appunti e mescolare ciò che dicono le persone che parlano alle mie impressioni. Guardare il pubblico. Segnare alcuni momenti. Vicino a me siede una donna molto anziana, avrà tra gli ottanta e i novant’anni e a un certo punto mi dice “Brava, vedo che prende appunti”. La terza persona è un segno di rispetto che mi fa ricordare un’altra donna fantastica che ho avuto la fortuna di conoscere qualche anno fa. Si chiama(va) Suso Cecchi d’Amico e per presentarmi a suo figlio una volta ha detto: “Ecco una mia amica”. La terza persona è rispetto. Rispetto ancora più profondo quando è utilizzata da una persona più anziana nei confronti di una più giovane.

    Solo durante il momento dedicato alla premiazione scopro che la persona seduta accanto a me si chiama Cecilia Genisio ed è una Partigiana. Finito il convegno, durante il quale mi sono molto emozionata, sentendo i racconti di queste donne, mi rivolgo a Cecilia scusandomi se oggi l’Italia è ridotta in questo stato, se i valori che hanno indirizzato le sue azioni sono stati calpestati in questo modo. Lei invece con uno splendido sorriso mi dice “Facciamo una foto. Voglio portarla nei miei ricordi personali”. Sono rimasta sbigottita perché quelle al massimo dovevano essere mie parole, non sue. Che senso ha per una donna che ha avuto una vita come la sua dirmi quella frase?

    Quando ha ritirato l’attestato la giornalista che moderava l’incontro le ha chiesto di aggiungere qualche ricordo a quel momento. Lei, che è di Cuorgnè, racconta che il suo è stato l’unico paese piemontese ad arrendersi senza che ci fosse spargimento di sangue e che lei è stata contenta di aver partecipato alla resa, riuscendo a risparmiare delle vite umane.

    In questi giorni ho ripensato molto a questo incontro. Al significato che voglio dare alle parole di Cecilia. Mi piace pensare alle sue parole come a un invito a dimostrare il suo stesso coraggio nelle mie scelte personali e nel mio modo di stare al mondo. Vivere richiede coraggio e senso di responsabilità. Molto spesso può essere difficile, ci sono momenti bui. La relazione con gli altri e con le altre, il riconoscimento, la genealogia, ci possono aiutare. Condivido questo mio momento con voi affinché un po’ del coraggio di Cecilia e delle sue compagne vi raggiunga.

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