• Non sei democratica/democratico (ovvero il modo migliore per zittire chi protesta … fino ad ora)

    Sempre più spesso nei dibattiti in televisione, su facebook, nei convegni, quando qualcuna o qualcuno prendono la parola e accendono un contraddittorio si tende a usare l’espressione “non sei democratico” – “non sei democratica” cercando così di togliere alle persone la possibilità di aprire un dialogo che molto spesso è costruttivo e che permette alla platea – se c’è – di ascoltare diversi punti di vista. 
    Le conseguenze di questa accusa sulla non democraticità polarizzano il dibattito: c’è chi rinfaccia la stessa non democraticità o chi si zittisce. In ogni caso si perde di vista il tema del dibattito che aveva sollevato l’intervento e chi ascolta perde l’ennesima possibilità di ragionare sull’argomento dovendo scegliere la parte da sostenere (o di giustificare la neutralità).
    C’è però un aspetto su cui vorrei concentrarmi io e che molto spesso viene sottaciuto, dato per scontato, perché parrebbe che la democrazia sia la miglior modalità di governo nel nostro mondo moderno. Potete prendere questo ragionamento anche come un “omaggio” al premio Nobel per la PACE all’Unione Europea – che è addirittura peggio del premio dato qualche anno fa a Obama per ciò che potrà fare (e poi non ha fatto visto che l’imperialismo militare statunitense continua imperterrito e noi in Italia lo sappiamo bene con le basi Nato, tanto per fare un esempio).
    Il concetto di democrazia nasce nell’antica Grecia. Democrazia intesa come sovranità popolare diretta: ogni cittadino aveva la possibilità di proporre e votare direttamente le leggi. Sembrerebbe un concetto di democrazia ancora più inclusivo di quello di cui disponiamo noi oggi, che ci basiamo sulla rappresentanza popolare. MA c’è un MA. Chi era considerato cittadino nell’antica Grecia? Esclusivamente chi era libero dal compito di soddisfare i bisogni umani (ciò che oggi chiamiamo “faccende domestiche”). Quindi l’esclusione dalla cittadinanza era per le donne, gli schiavi e le schiave. Gli uomini liberi fanno filosofia, teoria, politica, pensano e organizzano dalla loro alta posizione la convivenza umana. Nella Grecia classica c’è una bipartizione fondamentale dell’ordine simbolico sociale tra uomini e ambiti liberi e non liberi. Un ordine che ci accompagna ancora oggi e che deve essere decostruito per poter dare creare una società in cui ogni persona viva con agio.
    Ecco perché se qualcuno o qualcuna dovesse accusarmi di non essere democratica me ne vanterei!!! 
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  • Democrazia ovvero ogni persona è potenzialmente una terrorista fino a prova contraria

    Tra qualche giorno partirò per un viaggio in Sudamerica … Bolivia e Brasile mete sicure nel mezzo chissà… Il volo di andata fa scalo a Miami e lungi dal Welcome to Miami cantato da Will Smith ho dovuto compilare una dichiarazione per poter sostare negli USA – anche se solo per aspettare la coincidenza che mi portasse a La Paz … posto alcune delle domande a cui ho dovuto rispondere perché quella che viene considerata un modello di democrazia in tutto il mondo (esportabile a suon di guerre e che comunque contiene il diritto alla felicità nella propria costituzione) pratica il pensiero che ogni persona che passa sul suolo americano è potenzialmente una terrorista e sta a lei/lui l’onere della prova per togliersi da questa accusa !!!

    Malattie contagiose

    Ai sensi delle leggi degli Stati Uniti, le malattie contagiose che riguardano la salute pubblica sono:

    • Ulcera molle

    • Gonorrea

    • Granuloma inguinale

    • Lebbra, infettiva

    • LGV (linfogranuloma venereo)

    • Sifilide, fase infettiva

    • Tubercolosi, attiva

    • Altre malattie specificate dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani.   

    Disturbi fisici o mentali

    Per quanto riguarda i disturbi fisici o mentali, rispondere ”Sì” a questa domanda se:

    (a) Si soffre attualmente di un disturbo fisico o mentale e se il comportamento associato al disturbo potrebbe
    rappresentare, o ha rappresentato, una minaccia alla proprietà, alla sicurezza o al benessere di se stessi o di altri; o

    (b) Si è sofferto di un disturbo fisico o mentale e se il comportamento precedentemente associato al disturbo,
    che ha rappresentato una minaccia alla proprietà, alla sicurezza o al benessere di se stessi o di altri, potrebbe
    ripetersi o condurre ad altri comportamenti dannosi.

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  • Inventiamo il mondo

    Da oggi pomeriggio e fino a domenica sera Torino ospiterà un convegno internazionale che già dal titolo Culture indigene di pace. Donne e uomini oltre il conflitto apre alla conoscenza di un mondo in cui la gestione del conflitto trova soluzioni alternative alla violenza

    http://www.associazionelaima.it/

    Una delle organizzatrici è una mia cara amica e mi ha chiesto di partecipare portando i saluti di una delle istituzioni che hanno patrocinato il convegno. E’ la prima volta che faccio un’esperienza del genere, ossia parlare per conto delle istituzioni. Non volendo essere noiosa e decidendo di rispettare rigorosamente il termine dei dieci minuti ho preparato questo testo che voglio condividere con voi …

    Buongiorno a tutte e a tutti
    anch’io
    vi porto i saluti della Commissione per la realizzazione delle Pari Opportunità
    Donna-Uomo della Regione Piemonte.
    Ringrazio
    l’associazione Laima – Morena, Sarah e Monica – per averci chiesto di essere
    presenti in questa occasione che voglio sottolinearlo è un convegno
    internazionale organizzato interamente dal basso. Ho scelto quindi di
    condividere con voi queste riflessioni che mi pare vadano nella stessa
    direzione scelta dalle organizzatrici e realizzata da tutti e tutte noi qui
    presenti.
             Vi voglio prima dire quali sono a mio
    avviso i motivi che rendono fondamentale la presenza della Commissione: sempre
    più spesso alla televisione e sui giornali ci dicono che “la Democrazia è in
    pericolo”. Al concetto di democrazia nel nostro immaginario viene legato quello
    di libertà. Perché il contrario della democrazia è la dittatura sistema in cui
    le libertà sono per definizione annullate. Ma di quale democrazia stiamo
    parlando? Recentemente ho letto un libro di una teologa svizzera Ina Preaotirus
    – che mi fa piacere citare in questa occasione – per la quale non è
    trascurabile che la concezione occidentale di libertà sia nata in una società
    che non riconosceva la piena appartenenza al genere umano a molte categorie di
    persone, tra cui donne, schiave e schiavi. L’antica Grecia nel momento in cui
    ha stabilito la gerarchia dei rapporti tra sfere superiori, libere, e sfere
    inferiori, dipendenti, ha posto le fondamenta per un’interpretazione illusoria
    della libertà che tuttora ci accompagna producendo effetti distorti nella
    nostra società e nel rapporto tra uomini e donne. La definizione di superiore e
    inferiore nasconde l’origine di un vittorioso e di un vinto. In questo senso
    l’uguaglianza è quanto si offre ai colonizzati sul piano delle leggi e dei
    diritti. L’uguaglianza è il principio in base al quale l’egemone continua a
    condizionare il non egemone come ha scritto negli anni 70 Carla Lonzi.
             Le commissioni Pari Opportunità sono
    state pensate come luoghi di democrazia per rimuovere gli ostacoli che di fatto
    costituiscono discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle donne.
    Una delle funzioni della Commissione è la promozione di occasioni di confronto
    culturale sulla condizione femminile e sull’immagine della donna, contribuendo
    alla elaborazione di comportamenti differenti. Se infatti c’è uno stare tra
    donne basato sulla tradizionale complicità e solidarietà femminile, sempre più
    frequenti sono le situazioni in cui le donne si trovano in un mondo che è stato
    disegnato dagli uomini e in cui la loro presenza non era prevista e rischia di
    non essere percepita come portatrice di una differenza in grado di creare un
    altro ordine di rapporti.
             Come si può organizzare una società in
    cui ogni persona sia al tempo stesso libera e dipendente, serva e sia servita,
    definisca e sia definita, agisca in molteplici processi di scambio? Ecco allora
    che questo convegno può essere l’occasione in cui tali pratiche vengono fatte
    conoscere aiutandoci a modificare il nostro immaginario legato al concetto di
    potere e di giustizia. Farsi giustizia è un’espressione che nella nostra
    società occidentale indica una ricerca di giustizia personale e privata, perciò
    riprovevole. La rivolta femminista, oltrepassando il confine pubblico/privato,
    ci esorta a cominciare ad agire nella realtà con criteri, misure, valori
    indipendenti da quelli dominanti. Cominciare a fare giustizia senza affidarsi a
    tribunali e leggi valorizza la propria autorità in quanto forza simbolica che
    può contrastare la paura del potere. La rivoluzione che conta è quella che
    avviene nell’immaginazione e da tale rivoluzione scaturiranno altri
    cambiamenti. Tutte le trasformazioni hanno in comune il fatto di avere inizio
    nell’immaginazione e nella speranza. Sperare è puntare sul futuro, sui propri
    desideri. Speranza significa che un altro mondo potrebbe essere possibile, non
    promesso, non garantito. La speranza richiede quindi azione: tutto può accadere
    e tutto dipende dal nostro agire o dalla nostra mancanza di azione. La speranza
    è un atto di sfida che abbraccia l’essenziale inconoscibilità del mondo, le
    rotture con il presente, le sorprese. È vero che negli ultimi decenni lo stato
    del mondo è peggiorato in modo drammatico se lo misuriamo sul piano materiale
    con la brutalità delle guerre, l’emergenza acqua e cibo e i feroci attacchi
    contro l’ambiente, ma abbiamo anche elaborato un enorme numero di attività
    immateriali – diritti, concetti, parole, pratiche – che rappresentano uno
    spazio vitale e gli strumenti con cui possiamo affrontare queste atrocità. La
    globalizzazione non è solo omologazione e accentramento del capitale da parte
    delle multinazionali, c’è una globalizzazione della comunicazione e delle idee
    che ne costituisce l’antitesi (Rebecca Solnit, Speranza nel buio. Guida per cambiare il mondo).
            
             Di conseguenza mi piace pensare a
    questo convegno come al catalizzatore che ci mostri le forme originali della
    concezione di potere esistenti nel mondo, diverse da quelle che ci hanno
    insegnato a scuola. Il capitalismo e il socialismo di stato non racchiudono
    tutte le possibilità di convivenza poiché le società indigene agiscono spesso
    modalità significativamente diverse per immaginare e amministrare i sistemi
    sociali ed economici oltre che per collegare la spiritualità e la natalità alla
    politica. La natalità esalta il simbolico della dipendenza e riporta al centro
    della convivenza l’ambiente domestico quale luogo primario di cura della vita a
    scapito del mercato e delle sue regole escludenti. L’essere partoriti ci segna
    per tutta la vita come esseri dipendenti, bisognosi dell’altra o dell’altro nei
    quali rimane collocata la nostra libertà. Libertà non significa più rendersi
    indipendenti da tutto e da tutti bensì che ogni persona possa partecipare al
    gioco del mondo con nuove pratiche poiché con la propria nascita si è dato
    inizio a qualcosa di nuovo. Al cuore di questo processo c’è la restituzione
    alle persone della loro capacità creativa e la riattivazione del loro
    potenziale di intervento diretto nel mondo. Le persone non sono più intese come
    consumatrici ma come produttrici di significato. La democrazia diventa quindi
    una forma politica in cui uomini e donne continuamente re-inventano il mondo
    grazie alla loro immaginazione, alle relazioni e alle pratiche che agiscono tra
    loro.
             A queste pratiche in cui il bisogno
    simbolico di autorità viene accordato all’amore per la libertà il movimento
    femminista italiano degli anni 70 ha dato il nome di politica del desiderio: le
    azioni diventano segni e insieme strumenti non soltanto di resistenza ma di
    libertà. Il desiderio che sa combinare la vita, continuamente ricontrattato con
    la realtà che ci circonda e che mira a un guadagno di essere. A un di più di
    essere, come dice Luisa Muraro. Il mio augurio per questi giorni quindi è
    quello di inventare tutti e tutte insieme il mondo in cui vogliamo vivere.
    Dipende da noi.  
    Ake Dama e Najin Lacong esponenti del popolo Moso. I Moso vivono in Cina e sono un esempio di società che non produce i conflitti e le violenze tra i sessi che il senso comune generalmente attribuisce alla “natura umana”.
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