• Impara l’arte e mettila da parte

    Una delle polemiche più recenti tra le varie fazioni politiche a Torino è quella che riguarda i turisti che non sono andati a visitare i Musei Civici.


    La causa? L’offerta poco accattivante, perché comunque Torino nei giorni del ponte dell’Immacolata ha registrato molte presenze turistiche.


    E allora giù coi dati. Ed ecco il problema principale:


    Reggia di Venaria  27.944 


    Museo Cinema 14.500 ingressi


    Polo Reale, inclusi i fan della mostra di Toulouse Lautrec: 12.000


    Fondazione Musei 8.250 ingressi (così suddivisi: 4.200 a Palazzo Madama, Mao 1.600 e alla Gam 1.300 e Borgo Medievale 1.250 persone)


    quindi via con le polemiche perché alla Gam ci doveva essere la mostra su Manet (che avrebbe attirato sicuramente più visitatori rispetto alla mostra attuale dedicata a Carol Rama)



    E via le contropolemiche dicendo che – dati alla mano – i turisti ci sono in città e quindi va tutto bene. I numeri danno ragione all’Amministrazione. 


    Tuttavia io penso che non siano i ricavi a giustificare o meno la validità di una mostra o il dire se è un successo oppure no. Le mostre offerte gratuitamente – rendendo beneficiarie pure quelle persone che non si possono permettere il biglietto di entrata – sono forse meno importanti? 

    Io apprezzo questo tentativo di depatriarcalizzazione dell’arte e quindi evviva Carol Rama (!!!!) che è molto più importante per Torino rispetto a un Manet qualunque (!!!) D’altronde le persone vanno a vedere Manet e gli altri pittori perché sono già conosciuti e allora chi cura le mostre che tipo di ricerca fa? Almeno proponesse una mostra di Berthe Morisot che non è stata solo una modella, una musa, ma anche una grande pittrice.


    Depatriarcalizzazione della storia dell’arte con più mostre su pittrici e artiste e demercatilizzazione della cultura ossia sottrarre la cultura al mercato. Non tutto può essere dato solo se si paga un biglietto di ingresso. E soprattutto da chi amministra una città mi aspetto questo tipo di ragionamento.

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  • Tanti auguri Emily

    Oggi è il compleanno di Emily Dickinson.

    Per celebrarla ho scelto di condividere una delle sue poesie che preferisco, in cui veramente abita e agisce la possibilità di pensarci come vogliamo. Forse questa è una delle libertà più importanti di cui disponiamo e – al contempo – una delle libertà che troppo spesso deleghiamo alle altre persone.

    Lo faccio anche come invito a non lasciarsi sempre definire dal denaro – in generale – e in particolare perché negli ultimi giorni le polemiche sul partito del vitalizio e sul maglione di Agnese Renzi mi hanno pensare a quanto è grande il pericolo che il possesso di denaro sia il modo più immediato per definire le persone e autodefinirsi.

    L’Esterno – dall’Interno
    Deriva la sua Grandezza –
    È Duca, o Nano, secondo
    Com’è il carattere centrale –
    Il sottile – invariabile Asse
    Che regola la Ruota –
    Sebbene i Raggi – ruotino – con più evidenza
    E spargano polvere – nel contempo.
    L’Interno – dipinge l’Esterno –
    Il Pennello senza Mano –
    Il suo Quadro espone – preciso –
    Così com’è il Marchio interiore –
    Sulla sottile – Tela delle Arterie –
    Una Guancia – magari un Ciglio –
    L’intero segreto della Stella – nel Lago –

    Gli occhi non erano destinati a conoscere.

    Anche se fanno di tutto per farcelo scordare, ricordiamoci sempre che noi abitiamo le possibilità

     

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  • Trovare IspirAzioni ovunque

    Oggi in una libreria del centro di Torino ho trovato questo libro: il Metamorphosis insectorum Surinamensium di Maria Sibylla Merian.


    La Storia di Maria Sibylla Merian è racconta in un meraviglioso libro – Donne al margine di Natalie Zemon Davis. In questo libro Zemon Davis scrive la biografia di tre donne molto diverse tra loro (diverse per confessione religiosa) ma appartenenti tutte alla storia moderna (sono donne del 1600 circa). 

        

    Maria Sibylla è una pittrice e una botanica tedesca. La sua storia è un insieme di ispirAzioni incredibili per il desiderio di ogni persona. 
    Ogni tanto penso che dovremmo allenarci a desiderare di più e a credere nella Magia del Desiderio e nell’attrarre ciò che desideriamo. 

    Lei stessa scrive nell’Introduzione al libro citato sopra


    In gioventù mi dedicai a ricercare insetti: cominciai con i bachi da seta nella mia città natale di Francoforte. Osservai poi che essi, come altri bruchi, si trasformavano in belle farfalle notturne e diurne. Questo mi spinse a raccogliere tutti i bruchi che potevo trovare per osservarne la trasformazione. Ma, per disegnarli e descriverli dal vero con tutti i loro colori, ho voluto esercitarmi anche nell’arte della pittura.

    Ciò che trovo interessante è che la Merian si dedica agli interessi nonostante l’immaginario negativo del tempo. In una concezione che risale ad Aristotele, infatti, gli insetti sono considerati beste diaboliche risultato di una putrefazione. Nel suo laboratorio, invece, Sibylla scopre la metamorfosi dei bruchi in farfalle. E questa sua passione, negli anni successivi la porterà fino in Suriname dove raccoglierà e dipingerà piante e insetti ancora sconosciuti in Europa. 


    In un periodo nel quale occuparsi di insetti non era visto di buon occhio – come non lo era il viaggiare da sola o il dedicarsi alla pittura – Maria Sibylla Merian ci insegna a seguire i nostri desideri e a non lasciarci catturare dagli stereotipi dei nostri tempi. 

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  • referendum

    mi spiace averla trovata in ritardo ma … meraviglioso Gianni Rodari

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  • ispirAzioni

    A volte l’accadde oggi di Facebook ripropone pensieri positivi che ci fanno stare bene.


    Come per esempio 



    Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta [Margaret Mead]





    Riprendere il nostro potere quotidiano, di azione, di pensiero e di desiderio è ciò che cerco di fare io e di proporre in questo spazio. Perché è la possibilità che apre a nuovi orizzonti e a nuove strade, rendendo possibili scenari fino a ora fuori dal nostro immaginario. 
    Cambiare l’immagine del cambiamento è fondamentale per spingerci a creare una società non oppressiva, egualitaria e all’espressione della nostra visione del mondo e dei rapporti.  
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  • Date importanti (o del Coraggio Oltraggioso di Rosa Parks)

    So che la maggior parte delle persone è concentrata sul 4 dicembre e sul referendum sulla Costituzione. A me però oggi interessa parlare di un altro fatto, molto importante, che è importante ogni anno ricordare e onorare. 


    Il 1 dicembre 1955, la sarta e attivista per i diritti degli afroamericani Rosa Parks decide di non cedere il posto in cui si era seduta – su un autobus che la riportava verso casa dopo una lunga giornata di lavoro – a un “bianco” come la legge dell’Alabama prescriveva.  


    Il suo atto di Coraggio Oltraggioso fu di ispirazione per il boicottaggio degli autobus e fu uno snodo importate al processo di rivendicazione dei diritti da parte degli afroamericani. 



    Ciò su cui voglio porre attenzione è il dialogo tra Rosa Parks e il poliziotto che l’arrestò. Al poliziotto Rosa chiese “perché mi stai arrestando? Io sono salita sul bus per tornare a casa, non per essere arrestata” e lui risposte “non lo so, ma la legge è la legge e tu sei in arresto”. 



    Ai miei occhi e al mio cuore chi si rende complice di una legge ingiusta è molto più colpevole di chi la infrange.  





    Oggi ripensando all’episodio di Rosa Parks la maggior parte delle persone potrebbe dire che non è più possibile che ci siano leggi così escludenti, che i diritti sono garantiti, eppure quante sono le leggi (in)giuste di cui siamo complici? Quanto ci ribelliamo alle leggi ingiuste? Come lo facciamo? Siamo in grado di riconoscere le ingiustizie di cui siamo vittime o sono vittime altre persone? Io me lo chiedo. 


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  • Io non sto a guardare

    Questo post l’ho voluto intitolare come il libro da cui ho tratto la citazione che vi scriverò più sotto.

    Io non sto a guardare

    E aggiungo io Omaggio a Velia Sacchi e al suo Coraggio Oltraggioso – oltraggioso per la società che la voleva madre e moglie borghese. 
    Nel meraviglioso libro – autobiografia curato da Rosangela Pesenti è presente questo pensiero che voglio condividere con voi e che ha radicato profondamente le mie convinzioni di voto del referendum del 4 dicembre e il

    modo in cui vedo/vedrò le decisioni di gruppi più o meno allargati.

    Velia scrive 
    Il mio errore più grande fra i tanti che costellano una lunga esistenza, fu quello di credere che per affermare la Libertà e la Giustizia, di cui sentivo da sempre un famelico bisogno, fosse possibile prendere la strada più corta: quella dell’Autoritarismo. Se noi, che vogliamo il meglio per l’umanità, mi dicevo, saremo forti e lo imporremo agli altri, sarà un guadagno per tutti. Non mi rendevo conto, e per trent’anni non capii, tranne qualche sospetto, che la strada che sembrava una scorciatoia portava dritto da un’altra parte, proprio dalla parte opposto alla Libertà di cui, assieme a molti altri, sentivo un così acuto bisogno.


    L’autoritarismo non è mai la strada. Ci vorrà più tempo, certo. Ma Libertà e Giustizia sono vere se sono spontanee non imposte. Altrimenti per quanto nobili possano essere i sentimenti che le animano rimangono non solo parole vuote, ma anche e soprattutto controproducenti. 
    Non c’è Libertà se è imposta.
    Non c’è Giustizia se decido io quale è la giustizia. 

    Grazie Velia per questo e altri pensieri e sopratutto per aver provato a vivere una vita vera aldilà degli stereotipi con cui volevano leggere e agire sulle tue esperienze!!!   
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  • Calendario Ginergico

    In questi mesi ho pensato a un progetto che possa aiutare a recuperare la storia delle donne attraverso uno strumento di uso quotidiano, un rito di lettura che ci ricordi (e ricordi anche agli uomini) chi sono le nostre Antenate. E che ci sproni a usare quel Coraggio Oltraggioso che ci fa Nominare il Patriarcato e un sistema di vita Oppressivo e Letale. 
    Voglio condividere con voi il Calendario Ginergico 2017
    Ossia il Calendario dove ogni giorno c’è almeno una donna che ha fatto la Storia
    Una breve spiegazione del progetto. 
    Il Calendario Ginergico è un calendario nel quale ogni giorno corrisponde al giorno di nascita di almeno una donna importante. Il calendario nasce dalla mancanza di conoscenza dei nomi di donne significative nella vita pubblica e nei più svariati campi del sapere umano. Ciò che accomuna queste donne è il rifiuto del ruolo attribuito dal patriarcato al genere femminile. Si tratta di donne che hanno ri-definito e re-interpretato il proprio stare al mondo, ma l’impostazione misogina di molti studi storici ha cancellato, occultato e/o ridimensionato la loro presenza. Oggi, tranne alcune fortunate eccezioni, questi nomi sono troppo spesso confinati in studi specifici ed elitari. 
    Il Calendario Ginergico è stato creato con l’obiettivo di diffondere conoscenze di storia delle donne attraverso uno strumento di uso quotidiano. Il rito giornaliero della lettura di questi oltre 900 nomi – unitamente a qualche breve informazione biografica – tesserà un filo tra le donne contemporanee e le generazioni precedenti rafforzando e consolidando l’emancipazione femminile
    Al centro del Calendario Ginergico sta l’energia femminile, la ginergia appunto. Ginergia intesa come strumento di ispirazione e fonte di impoteramento. Il pensiero e le azioni delle donne presenti sul calendario possono offrire modelli altri per la nostra visione della società e possono essere uno strumento di ispirazione per lo stare al mondo delle donne d’oggi. 
    Il Calendario Ginergico vuole aiutare le donne a riscoprire la propria genealogia e a trovare un nuovo radicamento proponendo esempi di ispirazione oltre i ruoli che il patriarcato da millenni vorrebbe attribuire alle donne.      
    Come ho detto in un’intervista *mi sono presa il diritto di pensare e comporre un calendario in cui restituire alle donne presenza, continuità, azione, vitalità, sapienza e indipendenza nella vita pubblica* e spero che questo diritto se lo prendano tante persone!!! 
    Accanto al titolo è stato scelto di inserire il simbolo della doppia ascia minoica (Labrys), mutazione dell’antico simbolo della farfalla, emblema della trasformazione e dell’autonomia temporale e spirituale femminile. 
    per maggiori info:
    qui sotto o
    http://tempiodelladea.org/libri/
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  • commercialista: carnefice o vittima?

    Qualche giorno fa ho trovato questa fotografia sulla bacheca facebook di mio cugino (commercialista).

    Si tratta di un elenco delle scadenze che un commercialista deve rispettare e che pre-determinano il proprio lavoro. Risale al 2010, ma penso che i dati siano attuali e sicuramente inferiori rispetto a oggi.

    Certo a vedere che c’è una scadenza ogni paio d’ore circa – anche se molte scadenze sono lo stesso giorno e si ripetono ogni mese – scatta un’adesione di pancia ai commercialisti e alla loro vita immersa nelle scadenze.

    Tuttavia, quando ho visto questa foto ho pensato alla perversione della burocrazia e a un carnefice (il commercialista) che si trasforma in vittima del sistema che l’ha creato. La figura del commercialista, infatti, nasce nelle democrazie moderne come categoria che fa applicare le leggi fiscali elaborate dallo Stato. E’ un libero professionista, un privato, ma nello stesso tempo assume un ruolo para-statale, anello di congiunzione tra lo Stato e i cittadini.

    La conoscenza del sistema fiscale lo pone in una posizione all’apice della gerarchia sociale, ma non lo esclude dall’eccessiva burocratizzazione delle nostre vite e, anzi, per rimanere nel gioco deve continuamente aggiornarsi e stare nel sistema.

    Spero che questa esasperazione del lavoro, aiuti l’Ordine dei commercialisti e chi esercita questa professione a ragionare sulle condizioni del proprio lavoro, sui principi che animano la professione esercitata per contribuire a creare una società in cui la burocratizzazione della vita sia limitata ai minimi termini.

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  • Nutrire il pianeta ovvero se hanno pensato che questa è nutrizione siamo spacciati!

    Lunedì ho passato tutta la giornata a
    Rho Fiera Milano a Expo 2015. Non che smaniassi dalla voglia di
    andarci, ma l’ho fatto per accompagnare i miei genitori e per toccare
    con mano le criticità di cui tanto si è sentito parlare in questi
    mesi. Per provare poi, a qualche giorno di distanza, a scrivere un
    articolo da condividere qui.
    In sintesi questo è ciò che ho visto
    io dell’Expo: stand architettonicamente meravigliosi con alcune
    soluzioni degne delle migliori archistar a livello mondiale e un
    lavoro di marketing e di pubblicizzazione dei vari paesi in ottica
    turistica. I vari stand hanno gareggiato per rendersi appetibili a
    una visita ma concentrando l’attenzione sull’attrazione non certo
    sulla logistica e sul benessere.
    In un’esposizione mondiale che aspira a
    20 milioni di visitatori (ossia con un calcolo approssimativo 111.000
    spettatori al giorno circa su un periodo di sei mesi) ci si
    aspetterebbe un accurato lavoro di logistica. E invece no. Non
    importa che ci sia un ammasso di persone di ogni età e nazione che
    vagano per il decumano o si mettono in fila aspettando (sotto il sole
    o la pioggia) ore in attesa.
    In attesa di cosa? In attesa di chi?
    Pensando di fare un’Expo intelligente
    ho evitato tutti i padiglioni più gettonati ma mi sono ritrovata a
    fare due ore di coda per entrare nel padiglione del Cile. Due ore di
    coda per vedere due filmati di promozione turistica che avrei potuto
    vedere comodamente a casa e che niente hanno aggiunto a ciò che
    avrei potuto trovare tramite Google sul cibo in Cile.
    Perché si formano le code? Certo
    perché ci sono molte persone. Hanno scritto che gli italiani si
    svegliano sempre tardi e che alla fine, pur di postare una foto con
    l’albero della vita, si fanno code immense. Ma non credo sia del
    tutto vero. Come si fa, citando l’esempio del tanto agognato
    Giappone, creare un percorso di 50 minuti? Come possiamo dare la
    possibilità di accedere alla maggior parte delle persone se il
    percorso è così lungo e richiede attese estenuanti? Ci si deve
    pensare. Bisogna capire quali sono gli obiettivi e poi lavorare
    intorno a essi.
    Se tra i padiglioni più gettonati ci
    sono il Kazhakistan, gli Emirati Arabi, la Cina e il Giappone vuol
    dire che il tema del cibo è solo un pretesto. Chi ha mai assaggiato
    una ricetta del Kazhakistan? Chi non è consapevole dei problemi
    politici, sociali e civili che ci sono con i paesi arabi o le
    polemiche con la presenza dei cinesi in Italia? Eppure le persone si
    mettono in coda ora per vedere questi stand. Certo, un po’ di questa
    situazione è dovuta allo spirito di emulazione, al vedere se davvero
    ne valeva la pena, ma sicuramente una buona ragione della visita è
    dovuta alla spettacolarità del padiglione e delle attrazioni
    presenti.
    Proprio a proposito degli obiettivi,
    fino a ora, consapevolmente, ho lasciato da parte il tema centrale di
    Expo 2015 ossia il cibo. Anche qui nei mesi scorsi ho letto polemiche
    su polemiche rispetto ai costi del cibo, pensando che Expo fosse più
    una fiera di paese dove ti ingozzi e sei felice e soddisfatto. Non è
    così hanno scritto. Ciò che vuole passare è un messaggio critico
    sul consumo di cibo. E allora via di polemica con la partecipazione
    delle multinazionali che “nutrono loro stesse e non il pianeta”.
    Io di cibo ne ho trovato ben poco, negli allestimenti degli stand il
    cibo era presente (sotto forma di alimento o di ricette tipiche)
    quasi esclusivamente come richiamo turistico. Difficilmente ho
    trovato padiglioni che trattassero la questione cibo in modo critico.
    Nei 21 padiglioni che ho visitato
    l’unica eccezione è stata la Francia che ha proposto un video in cui
    si racconta come l’agricoltura tradizionale di un contadino africano
    sia stata modificata dai mercati finanziari globali che lo rendono
    all’inizio più ricco ma lo inducono a cambiare coltivazione (dal
    mais al cotone) fino a quando il prezzo del cotone scende affamando
    lui e la sua famiglia. Video molto interessante ma che si perde nel
    delirio collettivo dell’esposizione. Perché alla fine Expo diventa
    una corsa a vedere più padiglioni possibili, una lotta contro il
    tempo che è figlia del consumismo che attanaglia la società
    capitalistica e che, per ciò che ho potuto vedere rimane modello
    appetibile per i cosiddetti paesi in via di sviluppo.
    Mentre visitavo stand di paesi come la
    Costa d’Avorio e l’Angola mi chiedevo come è possibile che non ci
    sia nessun riferimento all’imperialismo europeo, nessun retaggio
    dell’asservimento economico tutt’ora in corso? Tutto cancellato,
    dall’esposizione turistica (paradisi terrestri, esotici) e/o dalla
    retorica del marketing più spinto in cui i termini si rincorrono di
    padiglione in padiglione facendo perdere la caratterizzazione dei
    vari Stati in una vera e propria globalizzazione della parola.
    Tutti i paesi partecipanti all’Expo vi
    hanno portato la loro faccia migliore, dimenticando che il cibo è
    anche e soprattutto cultura e ogni società l’ha declinato in maniera
    differente. Questa è la scommessa che Expo 2015 ha perso dal mio
    punto di vista.
    E se sommo le difficoltà di logistica
    credo che l’obiettivo espresso dal sottotitolo sia molto lontano
    dall’essere raggiunto. Se è questa l’idea degli organizzatori e dei
    partecipanti siamo messi proprio male. La mia esperienza di
    visitatrice è stata molto più aderente a un sistema liberistico che
    a un’inversione di rotta, anche se in molti stand ci sono scritte che
    rimandano alla crisi ambientale dei prossimi anni. Sicuramente
    mancano le soluzioni. I cartelli di impegno lungo il decumano sono
    scritti con una retorica tale che mancano totalmente la
    consapevolezza di ciò che ci sta accadendo e del valore che il cibo
    ha assunto nella società capitalistica occidentale.  
    Per non essere troppo negativa condivido la foto di Dewi Sri, Dea del Riso e della Fertilità presente nello stand dell’Indonesia che mi ha riportato alla sacralità del rapporto tra gli esseri umani e la Madre Terra.
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