• Maternità nell’Arte

    Per la Festa della Mamma (ma non solo) ho pensato di condividere con voi alcuni quadri relativi alla maternità.

    Perché lo faccio? Perché le scene di genere, le scene di vita quotidiana, sono uno dei soggetti preferiti dalle donne nell’arte – d’altronde per molti secoli le donne non hanno potuto accedere a una formazione accademica e quindi dipingevano ciò che vedevano quotidianamente – eppure oggi si preferisce citare un artista famoso anche in occasione di questa festa che celebra un aspetto della vita femminile.

    Ecco quindi una carrellata di quadri dedicati alla maternità realizzati da Artiste

    Elizabeth Jane Gardner (pittrice statunitense, 1837-1922)

    Maternity 


    Olga Boznanska (pittrice polacca)

    Maternity

    Paula Modersohn Becker (pittrice espressionista tedesca, 1876-1907)

    Mädchen mit Kleinkinde (1902) 

    Elizabeth Nourse (pittrice statunitense, 1859-1938)

    A mother and a baby

    Zinaida Serebrjakova (pittrice russa, 1884-1967)


    Mother and daughter (1928)

    Mela Muter (pittrice polacca, 1876-1967)

    Macierzyństwo

    Bertha Wegmann (pittrice danese, 1847-1926)


    Young Mother with her Child in the Garden 

    Jessie Willcox Smith (illustratrice statunitense, 1863-1935)

    Bed Time

    Frances Hodgkins (pittrice neozelandese, 1869-1947)


    Mother and Child

    Tamara de Lemhpicka (pittrice Art Dèco polacca, 1898-1980) 

    Maternité

    Louise Bourgeois (scultrice e artista francese, 1911-2010) 

    Maman

    Artemisia Gentileschi (pittrice italiana, 1593-1654)

    Nascita di San Giovanni Battista (1635)

    Dorothea Tanning (pittrice surrealista statunitense, 1910-2012)

    Maternity (1946)

    Mary Cassatt (pittrice impressionista statunitense, 1844-1926)

    The Child’s Bath

    Berthe Morisot (pittrice impressionista francese, 1841-1895)

    La culla
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  • Calendario Ginergico

    In questi mesi ho pensato a un progetto che possa aiutare a recuperare la storia delle donne attraverso uno strumento di uso quotidiano, un rito di lettura che ci ricordi (e ricordi anche agli uomini) chi sono le nostre Antenate. E che ci sproni a usare quel Coraggio Oltraggioso che ci fa Nominare il Patriarcato e un sistema di vita Oppressivo e Letale. 
    Voglio condividere con voi il Calendario Ginergico 2017
    Ossia il Calendario dove ogni giorno c’è almeno una donna che ha fatto la Storia
    Una breve spiegazione del progetto. 
    Il Calendario Ginergico è un calendario nel quale ogni giorno corrisponde al giorno di nascita di almeno una donna importante. Il calendario nasce dalla mancanza di conoscenza dei nomi di donne significative nella vita pubblica e nei più svariati campi del sapere umano. Ciò che accomuna queste donne è il rifiuto del ruolo attribuito dal patriarcato al genere femminile. Si tratta di donne che hanno ri-definito e re-interpretato il proprio stare al mondo, ma l’impostazione misogina di molti studi storici ha cancellato, occultato e/o ridimensionato la loro presenza. Oggi, tranne alcune fortunate eccezioni, questi nomi sono troppo spesso confinati in studi specifici ed elitari. 
    Il Calendario Ginergico è stato creato con l’obiettivo di diffondere conoscenze di storia delle donne attraverso uno strumento di uso quotidiano. Il rito giornaliero della lettura di questi oltre 900 nomi – unitamente a qualche breve informazione biografica – tesserà un filo tra le donne contemporanee e le generazioni precedenti rafforzando e consolidando l’emancipazione femminile
    Al centro del Calendario Ginergico sta l’energia femminile, la ginergia appunto. Ginergia intesa come strumento di ispirazione e fonte di impoteramento. Il pensiero e le azioni delle donne presenti sul calendario possono offrire modelli altri per la nostra visione della società e possono essere uno strumento di ispirazione per lo stare al mondo delle donne d’oggi. 
    Il Calendario Ginergico vuole aiutare le donne a riscoprire la propria genealogia e a trovare un nuovo radicamento proponendo esempi di ispirazione oltre i ruoli che il patriarcato da millenni vorrebbe attribuire alle donne.      
    Come ho detto in un’intervista *mi sono presa il diritto di pensare e comporre un calendario in cui restituire alle donne presenza, continuità, azione, vitalità, sapienza e indipendenza nella vita pubblica* e spero che questo diritto se lo prendano tante persone!!! 
    Accanto al titolo è stato scelto di inserire il simbolo della doppia ascia minoica (Labrys), mutazione dell’antico simbolo della farfalla, emblema della trasformazione e dell’autonomia temporale e spirituale femminile. 
    per maggiori info:
    qui sotto o
    http://tempiodelladea.org/libri/
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  • nude e zitte

    Oggi ho visto un video incredibile!
    In Inghilterra hanno fatto un esperimento molto interessante: per sei mesi hanno ritagliato tutte le figure – maschili e femminili – presenti sul Sun, il famoso giornale sportivo.

    Risultati: di donne sportive non ne esiste neanche una (stando alle immagini)
    Le donne sono tutte in posa, gli uomini ritratti mentre vivono
    Le donne molto spesso sono nude, gli uomini no

    Mi chiedo, cosa succederebbe, a fare un esperimento simile in Italia
    Anzi qualcuno lo dovrebbe fare per capire, fatti alla mano, quali sono i messaggi che veicolano i nostri giornali.

    Perché l’immagine controlla i nostri pensieri.
    E il nostro immaginario stimola atteggiamenti e comportamenti.
    E giudizi.
    E noi viviamo *anche* in funzione di questi giudizi.

    Chi vuole *ancora* le donne nude e zitte?
    Chi vuole *ancora* le donne soprammobili e statuine?

    Ribelliamoci, noi diamo la vita. Noi siamo vita!

     

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  • Ciò che è nostro per destinazione (o del non perdere tempo inutilmente)

    Gli ultimi giorni parigini li ho passati a letto, tra influenza e ciclo mestruale. Una bella depurazione. 

    Evitato ogni contatto con l’esterno, tranne per i commenti letti e fatti su Facebook. 
    E ho pensato. Molto. 
    E devo ringraziare, come sempre alcune mie amiche. 
    Una scrive: “Seguo talmente tante cose, lavori, progetti, che mi scoppia la testaaaaaahhhh”
    Un’altra impiega il suo tempo in varie associazioni e progetti tutti interessantissimi e socialmente utili. E la preparazione di un esame universitario viene fatta ritagliandosi del tempo tra un’attività e l’altra. 
    E ieri esce il call for paper per un convegno che mi interessa molto e che si terrà a settembre 2015 negli Stati Uniti. Inutile dire che aspettavo di sapere solo la deadline per scrivere l’abstract e incrociare le dita. Invece ci sono rimasta malissimo perché sul tema del convegno “Women, Labor, and Working-Class Cultures” non so proprio niente. O meglio di questo tema intersecato con il cinema muto italiano non so proprio niente. E così sono partite diecimila connessioni mentali al secondo per capire cosa poter proporre anche in base al tempo a disposizione, al fare una ricerca degna di chiamarsi tale e alle varie sottocategorie proposte. 
    Poi a metà serata l’illuminazione. L’anno scorso grazie allo stesso convegno ero stata in Australia e avevo trovato il mio scopo, il tema della ricerca mio per destinazione come scriveva Simone Weil, e so bene che tipo di energia mi aveva accompagnato. Quindi la conclusione è che presenterò un abstract su un progetto intorno al quale voglio davvero lavorare perché non ha senso imbarcarsi in operazioni di facciata. Il nostro lavoro ha valore anche per ciò che muoviamo con esso. E la qualità del nostro lavoro dipende anche dall’energia che ci mettiamo dentro.  
    Basta seguire progetti inutili per me, basta seguire persone che non mi danno buona energia solo perché questa è l’era della comunicazione e non possiamo non sapere. In tutta questa rin-corsa alle notizie rischiamo di perderci e comunque di perdere buona parte delle nostre energie che invece devono essere messe in ciò in cui crediamo davvero. E se per questo non verrò scelta, pazienza, rimanere fedeli a se stesse è la più grande partecipazione che posso mettere in atto.    
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  • Lupacchiare è bello

    Ieri sera mi è tornato in mano il libro di Clarissa Pinkola Estes Donne che corrono coi lupi

    O meglio mi è tornata sotto gli occhi la versione digitale, che quando viaggi è molto più leggera e la schiena ringrazia.

    Questo non è proprio un viaggio zaino in spalla ma è comunque un viaggio in un luogo sconosciuto e poco esplorato finora, così rileggere le Regole generali dei lupi per la vita non mi sembra fuori luogo. Eccole qui:




      1. Mangiare.
      2. Riposare.  3. Vagabondare.
      4. Mostrare lealtà.
      5. Amare i piccoli
      6. Cavillare al chiaro di luna.
      7. Accordare le orecchie.
      8. Occuparsi delle ossa.
      9. Far l’amore.
    10. Ululare spesso

    Ciò che possiamo fare per cambiare questa società è tirar fuori la nostra natura selvaggia
    troppo spesso repressa in nome di un’etichetta, di un’educazione di facciata che ci reprime e ci opprime.

    La nostra risorsa più importante è la creatività ma per ritrovarla e farla agire dobbiamo andare al centro di noi e riportarla in superficie.

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  • Le vie infinite della libertà

    Per chi fa ricerca come me è abbastanza pericoloso perdersi nella teoria dimenticando la pratica. 
    La pratica per me è la vita, perché ogni teoria viene prima o poi provata, consciamente o inconsciamente. E se è valida la teniamo, se non è valida la buttiamo. E magari ne sperimentiamo un’altra! Tuttavia molte persone rischiano di percepire come naturale ciò che è culturalmente costruito. Ma, appunto, essendo l’unica modalità conosciuta viene pensata e vissuta come l’unica possibile. Questa però è un’altra storia di cui parlerò in un altro post.

    In questo post vorrei parlare di uno dei problemi della divergenza tra teoria e pratica sulla pelle delle donne! Molte donne che conosco e che hanno fanno parte del movimento neo-femminista degli anni 70 scrivono, dicono le peggio cose sul lavoro familiare. Addirittura ora gli uomini studiano la disuguaglianza delle coppie (sposate o conviventi) rispetto al lavoro familiare. E via con le stigmatizzazioni, le ricerche, le percentuali che fanno riflettere sulle nostre scelte e tentano anche di indirizzarle. Io non sono convinta infatti che questi studi si limitino a registrare i dati, ma indirizzano non tanto le politiche quanto chi legge i libri e poi cerca di cambiare gli equilibri della propria coppia o delle sue amiche …  Se sei una donna emancipata o fai tutto da sola sentendosi una wonderwoman, o ti rifiuti di fare i lavori di casa o paghi un’altra donna meno emancipata di te che ti sostituisca all’ultimo gradino della scala sociale. 


    Ecco questo è il punto: la scala sociale! Ossia il lavoro domestico non è riconosciuto – non è nemmeno nel Pil – quindi non dobbiamo riconoscerlo. “Studia così non farai la casalinga!” – “Studia così potrai permetterti qualcuno che faccia le faccende di casa al posto tuo” 


    Poi però la vita ti mostra che tante teorie poco servono! Ieri un’amica di mia mamma ha chiesto a mia zia di aiutarla nei lavori di casa. Si mettono d’accordo senza intercessione dei mariti o di altri uomini, sviluppano una solidarietà tra donne (contro tutte quelle idee che le donne non possono essere amiche) e quindi agiscono la propria libertà! E allora al diavolo tutte le teorie, tutte le ricerche e tutti i dati! La vita è ben altro. Io ho adorato questo momento e l’ho voluto condividere con voi, perché se veramente noi donne (e uomini) vogliamo liberarci dagli stereotipi uniamo teoria e pratica e buttiamo via le teorie inutili! La libertà che si agisce nella vita vera è molto, molto migliore di quella agita nei libri. 

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  • Chi ha paura delle donne libere?

     

    Giorni fa ho avuto un grosso scontro
    con una mia amica. In poche parole si trattava di decidere se
    coinvolgere o meno in un progetto contro la violenza sulle donne,
    un’associazione che ha un grande impatto mediatico, ma che, a mio
    avviso, fa violenza sulle donne. Perché è inserita nel sistema
    patriarcale che è strutturalmente violento. 
    Si tratta di una questione di principio
    molto importante: non ci si può alleare con chi, anche
    inconsciamente, sta nel sistema per cambiare il sistema in cui
    viviamo! 
    Molto spesso, oltre all’opportunismo,
    in molti casi agisce la mancanza di conoscenza storica. In queste
    settimane sto preparando un intervento per un convegno su donne e
    cinema muto intrecciato con l’archeologia femminista. Inserire nel
    mio sguardo sul mondo che mi circonda nelle mie azioni ciò che leggo
    è fondamentale per riconoscere le dinamiche che stanno alla base
    della nostra società, passaggio fondamentale per poi anche solo
    pensare di osare il cambiamento. E limitare la sofferenza che molto
    spesso ancora troppe donne provano quando decidono di darsi la
    felicità. 
    Proprio per questo motivo voglio
    condividere alcuni dei risultati delle ricerche di Nanno Marinatos,
    archeologa greca, sul passaggio da una società matrifocale,
    incentrata sul femminino, ad una decisamente patriarcale. Prendendo
    per esempio Artemide, Marinatos parla di un’involuzione
    dell’immaginario: Artemide passa da dea selvaggia a dea
    terribile e pericolosa
    . Non solo, le sue caratteristiche di verginità
    e non-maternità vengono intese come negative, poiché narrate come
    anti-maternità. Una donna priva di legami e senza prole diventa un
    mostro assassino divoratore di bambini, diventa un’orchessa, una
    strega. La paura verso ciò che non è controllabile – il femminile
    non procreativo come anticipatore della morte – provoca la
    rappresentazione del mostruoso. Non toccata dagli uomini e senza
    alcuna esperienza di maternità, la femminilità diventa
    pericolosamente potente. Perché biologicamente parlando la donna è
    più forte dell’uomo e se la sua potenza non viene canalizzata
    all’interno di un sistema sociale stabile, come la domesticità e la
    maternità, viene percepita come un eccesso di forza inaccettabile
    che deve essere esorcizzata. L’esorcismo si fonda sull’uccisione
    reale o simbolica della vittima per neutralizzare un pericolo:
    uccidere diventa “cosa buona e giusta” se la vittima è
    mostruosa. E date le parentele tra la donna “anti-materna” e il
    mostro, diventa cosa buona giusta sottomettere la potenza (la
    seduzione?) di un soggetto che si mostra come lo scacco della
    domesticità. Lo schema funzionale-razionale – ovvero il sacrificio
    per ottenere sicurezza – diventa uno schema biologico-narrativo che
    assume connotati culturali e dimostrativi e che nel corso dei secoli
    è diventato “naturale”. 
    Quante violenza, quanta sofferenza
    dovremo ancora provare sulla nostra pelle, noi donne, prima di
    riuscire a svincolarci da tutto ciò? Quanto diventa importante, anzi
    fondamentale, il processo di impoteramento, di recupero delle nostre
    vere caratteristiche naturali, del rapporto con la natura, con la
    vita, per guarire, staccarci da questo sistema che ci vuole deboli,
    sottomesse, schi
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  • Parole parole parole …

    Ci sono alcune parole che andrebbero cancellate dal vocabolario delle relazioni personali.

    Mai e sempre sono due termini che dovrebbero scomparire all’istante.

    Quante volte abbiamo detto a una persona “non voglio vederti mai più”.

    Quante volte abbiamo detto “non cambierò mai idea su di te”.

    Quante volte abbiamo ripetuto che il nostro rapporto sarebbe durato “per sempre”.

    Quante volte abbiamo sperato che quella persona ci fosse sempre per noi.

    Il mai e il sempre non tengono conto della vita. Delle sue morti e delle sue rinascite. Sono come anti-biotici. Contro la vita. Che è cambiamento. Sempre e comunque. Anche quando vogliamo che le situazioni, i rapporti, rimangano costanti.

    Ma le relazioni mutano, perché mutano le persone. Non è detto che mutino sempre nella direzione da noi sperata. Anche se sono profondamente convinta che l’universo trami sempre a nostro favore. A volte è difficile accettare che un rapporto che prima ci dava tanta gioia ora sia fonte di sofferenza. E’ difficile accettare che le persone ci abbandonino, che non si accorgano del riguardo e della grazia che mostriamo nei loro confronti. Può durare un momento, qualcosa in più, o addirittura diventare una scelta definitiva.

    Accetteremo più facilmente le screpolature sentimentali, per usare un’espressione che ho letto qualche tempo, se ricordiamo che “… l’amore nella sua forma più piena è un susseguirsi di morti e rinascite. Muore la passione e rinasce. Il dolore viene scacciato e rispunta da un’altra parte. Amare significa abbracciare e nel contempo sopportare molte molte fini, e molti molti inizi, il tutto nella stessa relazione”. (Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi)

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  • Le donne non sono sagge, le donne sono selvagge

    Che giorni concitati questi per l’Italia !!!

    Governo sì, governo no … catastrofi all’orizzonte … dubbi, incertezze, paure …

    Poi oggi all’ora di Napolitano se ne esce con la trovata dei saggi. Verso sera l’elenco. Non metto l’elenco dei nomi per rispetto a chi legge.

    Caspiterina non ci sono donne!!! Ma come è possibile? Ora che le donne sono entrate in massa in Parlamento, ora che alla Presidenza della Camera c’è una gran donna, ora che entreranno donne nei consigli di amministrazione, ora che si pensa ad una Presidente della Repubblica Italiana … Napolitano ci sorprende con un elenco tutto al maschile …

    Ma veramente è una sorpresa? Ma veramente ci teniamo a entrare in un sistema marcio?

    Così ho pensato di riportare – visto che un paio di giorni fa è stato l’anniversario della morte – alcune frasi di Virginia Woolf da uno dei suoi libri più famosi, Le tre ghinee.

    Negli anni Trenta, Virginia era pienamente consapevole che le donne stavano arrivando a un momento della storia in cui sarebbero riuscite a confluire nei cortei delle professioni. E scrive:

    “Questo infatti dobbiamo domandarci senza indugi: abbiamo voglia di unirci a quel corteo, oppure no? A quali condizioni ci uniremo a esso? E, soprattutto, dove ci conduce il corteo degli uomini colti?”

    Sapeva che l’esito non sarebbe stato inequivocabilmente buono.

    “Dinnanzi a noi si apre il mondo della vita pubblica, con la sua ossessività, la sua invidia, la sua aggressività, la sua avidità”.

    Ecco, facciamoci queste domande. E sarà più semplice sopportare questa esclusione, anzi vederla come un motivo di orgoglio e come la possibilità di creare un mondo diverso, un mondo in cui si possa vivere con agio e in cui le relazioni siano libere e vere.

    Queste sono scene meravigliose tratte dal film The Hours in cui viene narrato anche il suicidio di Virginia Woolf.

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  • La politica delle donne – Ada Natali e il dissenso dal Patto Atlantico

    Da ieri è un rincorrersi di notizie
    sulla bomba di Brindisi. Anche se una persona non avesse la
    televisione in casa (aspettando gli “approfondimenti” dei vari
    talk show da domani all’infinito) facebook si è riempito all’istante
    di foto, parole, pensieri in ricordo di Melissa. Ma soprattutto si è
    riempito di parolacce, minacce, associazioni mentali su chi possa
    essere stato il colpevole. Serpeggia il bisogno – espresso o
    inespresso – di trovare il colpevole, il capro espiatorio che possa
    portare via tutte le colpe e nello stesso tempo renderci immuni dal
    fatto di essere noi colpevoli. Certo non è mia intenzione scrivere
    che siamo tutti e tutte potenzialmente assassini e assassine, ma
    quanto male facciamo a chi ci circonda e anche a chi vive più in là
    del nostro sguardo quando non privilegiamo la relazione? Quando ci
    muovono gli interessi – più o meno giustificati – come possiamo
    pensare di creare relazioni sane? Quando solleviamo polemiche –
    molto spesso inutili – come possiamo essere sicuri e sicure che
    l’energia prodotta non faccia male a qualcuno o a qualcuna?

    Proprio per questo motivo, aldilà
    delle polemiche che leggo ovunque e che cresceranno in modo
    esponenziale – voglio dare il mio contributo con un pensiero tratto
    dal primo numero dei quaderni “Storia delle Marche in età
    contemporanea” dell’Associazione di Storia Contemporanea
    dell’Università di Macerata. Tra i vari saggi mi ha colpito quello
    di Eleonora Marsili dedicato alla prima sindaca italiana – ADA
    NATALI -.

    Ada Natali fece parte anche della prima
    legislatura e nella sua attività politica pose il problema della
    tutela delle donne che diventavano madri. Ciò che mi interessa
    condividere ora è il discorso tenuto il 16 marzo 1949 quando Ada
    Natali espresse la propria volontà di votare contro il Patto
    Atlantico. Non credeva alle parole del Governo che presentava il
    Patto Atlantico con scopi pacifici: lo considerava invece un patto di
    guerra che avrebbe sancito l’effettiva liquidazione dell’ONU, unica
    organizzazione per la collaborazione internazionale e la
    realizzazione della pace nel mondo.

    “Signori, in nome delle donne da me
    rappresentate, in nome di tutti i bambini, di tutti gli umili e i
    semplici, non solo delle Marche ma di tutta Italia, io vi invito a
    riflettere su quanto state per fare! Grande è la vostra
    responsabilità; ascoltate il monito che a voi sale e da questi
    banchi e da tutto il Paese! L’umanità è stanca di dolori e di odio;
    non imbrancatevi in guerre fratricide; fate sì che il popolo
    italiano tenda la sua mano ai popoli di tutto il mondo, e cooperate
    alla felicità degli umili, dando pane, pace e lavoro! Ove questo voi
    non facciate, noi ci opporremmo con tutte le nostre forze a che il
    nostro Paese e gli altri paesi, ove si lavoro e si soffre, non siano
    nuovamente devastati dalla vostra guerra inutile e criminale”.

    Queste parole che oggi potremmo
    applicare facilmente all’Unione Europea e a tutti i patti economici
    dissodate dall’oscurità in cui stanno riposando possono costituire
    una genealogia femminile utile alle donne che decidono di entrare
    nelle istituzioni per cambiare questo modello di potere
    individualistico e non relazionale che ci vendono come l’unico
    possibile e praticabile.
    condividimi!